Baldoni, Anna
(2008)
Educare alla cittadinanza democratica.
La partecipazione di adolescenti e giovani negli enti locali della regione Emilia Romagna, [Dissertation thesis], Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
Dottorato di ricerca in
Pedagogia, 19 Ciclo.
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Abstract
La tesi è il frutto di un lavoro di ricerca sul rapporto tra educazione e
politica sviluppato considerando letteratura, studi e ricerche in ambito
pedagogico, sociologico e delle scienze politiche.
I nuclei tematici oggetto delle letture preliminari e degli
approfondimenti successivi che sono diventati il corpo della tesi sono i
seguenti:
• la crisi del ruolo dei partiti politici in Italia e in Europa:
diminuiscono gli iscritti e la capacità di dare corpo a proposte
politiche credibili che provengano dalla “base”dei partiti;
• la crisi del sistema formativo1 in Italia e il fatto che l’educazione alla
cittadinanza sia poco promossa e praticata nelle scuole e nelle
istituzioni;
• la diffusa mancanza di fiducia degli adolescenti e dei giovani nei
confronti delle istituzioni (scuola inclusa) e della politica in molti
Paesi del mondo2; i giovani sono in linea con il mondo adulto nel
dimostrare i sintomi di “apatia politica” che si manifesta anche
come avversione verso la politica;
• il fatto che le teorie e gli studi sulla democrazia non siano stati in
grado di prevenire la sistematica esclusione di larghi segmenti di
cittadinanza dalle dinamiche decisionali dimostrando che la
democrazia formale sia drasticamente differente da quella
sostanziale. Una categoria tra le più escluse dalle decisioni è quella
dei minori in età.
Queste tematiche, se poste in relazione, ci inducono a riflettere sullo
stato della democrazia e ci invitano a cercare nuovi orizzonti in cui
inserire riflessioni sulla cittadinanza partendo dall’interesse centrale delle
scienze pedagogiche: il ruolo dell’educazione.
Essenziale è il tema dei diritti umani: per cominciare, rileviamo che
sebbene la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia sia stata approvata
da quasi vent’anni (nel 1989) e malgrado numerose istituzioni nazionali e
internazionali (Onu, Consiglio d’Europa, Banca Mondiale, Unesco)
continuino ad impegnarsi nella promozione dei diritti sanciti e ratificati
con leggi da quasi tutti i Paesi del mondo, questi diritti sono spesso
trascurati: in particolare i diritti di bambini, adolescenti e giovani fino a 18
anni ad essere ascoltati, ad esprimersi liberamente, a ricevere informazioni
adeguate nonché il diritto ad associarsi. L’effetto di tale trascuratezza,
ossia la scarsa partecipazione di adolescenti e giovani alla vita sociale e
politica in ogni parte del mondo (Italia inclusa) è un problema su cui
cercheremo di riflettere e trovare soluzioni.
Dalle più recenti ricerche svolte sul rapporto tra giovani e politica3,
risulta che sono in particolare i giovani tra i quindici e i diciassette anni a
provare “disgusto” per la politica e a non avere alcune fiducia né nei
confronti dei politici, né delle istituzioni. Il disgusto è strettamente legato
alla sfiducia, alla delusione , alla disillusione che oltretutto porta al rifiuto
per la politica e quindi anche a non informarsi volutamente, a tenere ciò
che riguarda la politica lontano dalla propria sfera personale.
In Italia, ciò non è una novità. Né i governi che si sono succeduti dagli
anni dell’Unità ad oggi, né le teorie democratiche italiane e internazionali
sono riusciti a cambiare l’approccio degli italiani alla politica: “fissità della
cultura politica, indolenza di fronte alla mancanza di cultura della legalità,
livelli bassi di informazione, di competenza, di fiducia nella democrazia”4.
Tra i numerosi fattori presi in analisi nelle ricerche internazionali (cfr. Cap.
I par.65) ve ne sono due che si è scoperto influenzano notevolmente la
partecipazione politica della popolazione e che vedono l’Italia distante
dalle altre democrazie europee: 1) la vicinanza alla religione istituzionale ,
2) i caratteri della morale6.
Religione istituzionale
Non c’è studio o ricerca che non documenti la progressiva
secolarizzazione degli stati. Eppure, dividendo la popolazione dei Paesi in:
1) non credenti, 2) credenti non praticanti e 3) credenti praticanti, fatto
salvo per la Francia, si assiste ad una crescita dei “credenti non praticanti”
in Europa e dei “credenti praticanti” in particolare in Italia (risultavano da
un’indagine del 2005, il 42% della popolazione italiana). La spiegazione di
questa “controtendenza” dell’Italia, spiega la Sciolla, “potrebbe essere il
crescente ruolo pubblico assunto dalla Chiesa italiana e della sua sempre
più pervasiva presenza su temi di interesse pubblico o direttamente
politico (dalla fecondazione assistita alle unioni tra omosessuali) oltreché
alla sua visibilità mediatica che, insieme al generale e diffuso
disorientamento, potrebbe aver esercitato un autorevole richiamo”.
Pluralismo morale
Frutto innanzitutto del processo di individualizzazione che erode le
forme assolute di autorità e le strutture gerarchiche e dell’affermarsi dei
diritti umani con l’ampliamento degli spazi di libertà di coscienza dei
singoli.
Una conferma sul piano empirico di questo quadro è data dal
monitoraggio di due configurazioni valoriali che più hanno a che vedere
con la partecipazione politica:
1) Grado di civismo (in inglese civicness) che raggruppa giudizi sui
comportamenti lesivi dell’interesse pubblico (non pagare le tasse,
anteporre il proprio interesse e vantaggio personale all’interesse
pubblico).
2) Libertarismo morale o cultura dei diritti ovvero difesa dei diritti della
persona e della sua liberà di scelta (riguarda la sessualità, il corpo e in
generale la possibilità di disporre di sé)
In Italia, il civismo ha subito negli anni novanta un drastico calo e non
è più tornato ai livelli precedenti. Il libertarismo è invece aumentato in
tutti i Paesi ma Italia e Stati Uniti hanno tutt’ora un livello basso rispetto
agli altri Stati. I più libertari sono gli strati giovani ed istruiti della
popolazione.
Queste caratteristiche degli italiani sono riconducibili alla storia del
nostro Paese, alla sua identità fragile, mai compatta ed unitaria. Non è
possibile tralasciare l’influenza che la Chiesa ha sempre avuto nelle scelte
politiche e culturali del nostro Paese. Limitando il campo al secolo scorso,
dobbiamo considerare che la Chiesa cattolica ha avuto continuativamente
un ruolo di forte ingerenza nei confronti delle scelte dei governi (scelte
che, come vedremo nel Cap. I, par.2 hanno influenzato le scelte sulla
scuola e sull’educazione) che si sono succeduti dal 1948 ad oggi7. Ciò ha
influito nei costumi della nostra società caratterizzandoci come Stato sui
generis nel panorama europeo
Inoltre possiamo definire l’Italia uno "Stato nazionale ed unitario" ma
la sua identità resta plurinazionale: vi sono nazionalità, trasformate in
minoranze, comprese e compresse nel suo territorio; lo Stato affermò la
sua unità con le armi dell'esercito piemontese e questa unità è ancora da
conquistare pienamente. Lo stesso Salvemini fu tra quanti invocarono un
garante per le minoranze constatando che di fronte a leggi applicate da
maggioranze senza controllo superiore, le minoranze non hanno
sicurezza.
Riteniamo queste riflessioni sull’identità dello Stato Italiano doverose
per dare a questa ricerca sulla promozione della partecipazione politica di
adolescenti e giovani, sull’educazione alla cittadinanza e sul ruolo degli
enti locali una opportuna cornice culturale e di contesto.
Educazione alla cittadinanza
In questo scritto “consideriamo che lo stimolo al cambiamento e al
controllo di ciò che succede nelle sfere della politica, la difesa stessa della
democrazia, è più facile che avvenga se i membri di una comunità,
singolarmente o associandosi, si tengono bene informati, possiedono
capacità riflessive e argomentative, sono dunque adeguatamente
competenti e in grado di formarsi un’opinione autonoma e di esprimerla
pubblicamente. In questo senso potremmo dire che proprio l’educazione
alla democrazia, di chi nella democrazia vive, godendone i vantaggi, è stata
rappresentata da Montiesquieu e da J.S Mill come uno dei caratteri basilari
della democrazia stessa e la sua assenza come uno dei peggiori rischi in cui
si può incorrere”8
L’educazione alla cittadinanza - considerata come cornice di un ampio
spettro di competenze, complessivamente legate alla partecipazione e
pienamente consapevole alla vita politica e sociale - e in particolare la
formazione alla cittadinanza attiva sono da tempo riconosciute come
elementi indispensabili per il miglioramento delle condizioni di benessere
dei singoli e delle società e sono elementi imprescindibili per costituire un
credibile patto sociale democratico.
Ma che tipo di sistema formativo meglio si adatta ad un Paese dove -
decennio dopo decennio - i decisori politici (la classe politica) sembrano
progressivamente allontanarsi dalla vita dei cittadini e non propongono
un’idea credibile di stato, un progetto lungimirante per l’Italia, dove la
politica viene vissuta come distante dalla vita quotidiana e dove sfiducia e
disgusto per la politica sono sentimenti provati in particolare da
adolescenti e giovani? Dove la religione e il mercato hanno un potere
concorrente a quello dei principi democratici ?
La pedagogia può in questo momento storico ricoprire un ruolo di
grande importanza. Ma non è possibile formulare risposte e proposte
educative prendendo in analisi una sola istituzione nel suo rapporto con
adolescenti e giovani. Famiglia, scuola, enti locali, terzo settore, devono
essere prese in considerazione nella loro interdipendenza.
Certo, rispetto all’educazione alla cittadinanza, la scuola ha avuto,
almeno sulla carta, un ruolo preminente avendo da sempre l’obiettivo di
formare “l’uomo e il cittadino” e prevedendo l’insegnamento
dell’educazione civica.
Ma oggi, demandare il ruolo della “formazione del cittadino”
unicamente alla scuola, non è una scelta saggia. La comunità, il territorio e
quindi le istituzioni devono avere un ruolo forte e collaborare con la
scuola. Educazione formale, non formale e informale devono
compenetrarsi.
Gli studi e le riflessioni della scrivente hanno portato all’
individuazione degli enti locali come potenziali luoghi privilegiati della
formazione politica dei giovani e dell’educazione alla cittadinanza.
Gli enti locali
I Comuni, essendo le Istituzioni più vicine ai cittadini, possono essere
il primo luogo dove praticare cittadinanza attiva traducendo in pratiche
anche le politiche elaborate a livello regionale e nazionale. Sostiene la
Carta riveduta della partecipazione dei giovani9 “La partecipazione attiva dei
giovani alle decisioni e alle attività a livello locale e regionale è essenziale
se si vogliono costruire società più democratiche, solidali e prospere.
Partecipare alla vita politica di una comunità, qualunque essa sia, non
implica però unicamente il fatto di votare e presentarsi alle elezioni, per
quanto importanti siano tali elementi. Partecipare ed essere un cittadino
attivo vuol dire avere i diritti, gli strumenti intellettuali e materiali, il luogo,
la possibilità, e, se del caso, il necessario sostegno per intervenire nelle
decisioni, influenzarle ed impegnarsi in attività e iniziative che possano
determinare la costruzione di una società migliore”.
In Italia, il ruolo degli enti locali è stato per lo più dominante nella
definizione delle politiche sociali, sanitarie ed educative ma è divenuto
centrale soprattutto in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione
italiana operata nel 2001. Sono gli enti locali – le Regioni in primis – ad
avere la funzione istituzionale di legiferare rispetto ai temi inerenti il
sociale.
Le proposte e le azioni di Province e Comuni dovrebbero ispirarsi al
“principio di sussidiarietà” espresso nell’art. 118 della Costituzione: «Stato,
Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di
interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà»10 e nei Trattati
dell’Unione Europea. Il Trattato istitutivo della Comunità europea
accoglie il principio nell’art.5 “La Comunità agisce nei limiti delle
competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati
dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva
competenza la Comunità interviene, secondo il principio della
sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione
prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri
e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in
questione, essere realizzati meglio a livello comunitario (…)”.
Il principio di sussidiarietà può dunque essere recepito anche
prevedendo, promuovendo e accogliendo la partecipazione dei cittadini
alla vita della città in molteplici forme. Conseguentemente, facilitare
l’avvicinamento degli adolescenti e dei giovani (in quanto cittadini) alla
vita collettiva, al bene pubblico, alla politica considerandoli una risorsa e
mettendoli nelle condizioni di essere socialmente e politicamente attivi
rientra nelle possibili applicazioni del principio di sussidiarietà.
L’oggetto della ricerca
La ricerca condotta dalla scrivente prende le mosse dal paradigma
ecologico e si ispira allo stile fenomenologico prendendo in analisi un
contesto determinato da numerosi soggetti tra loro interrelati.
La domanda di ricerca: “gli enti locali possono promuovere di progetti
e interventi di educazione alla cittadinanza di cui adolescenti e giovani
siano protagonisti? Se si, in che modo?”. Gli studi preliminari alla ricerca
hanno mostrato uno scenario complesso che non era mai stato preso in
analisi da chi si occupa di educazione.
E’ stato dunque necessario comprendere:
1) Il ruolo e le funzioni degli enti locali rispetto alle politiche
educative e di welfare in generale in Italia
2) La condizione di adolescenti e giovani in Italia e nel mondo
3) Che cos’è l’educazione alla cittadinanza
4) Che cosa si può intendere per partecipazione giovanile
Per questo il lavoro di ricerca empirica svolto dalla scrivente è basato
sulla realizzazione di due indagini esplorative (“Enti locali, giovani e
politica (2005/2006)11 e “Nuovi cittadini di pace” (2006/2007)12) tramite
le quali è stato possibile esaminare progetti e servizi di promozione della
partecipazione degli adolescenti e dei giovani alla vita dei Comuni di
quattro regioni italiane e in particolare della Regione Emilia-Romagna.
L’oggetto dell’interesse delle due indagini è (attraverso l’analisi di
progetti e servizi e di testimonianze di amministratori, tecnici e politici)
esplorare le modalità con cui gli enti locali (i Comuni in particolare)
esplicano la loro funzione formativa rivolta ad adolescenti e giovani in
relazione all’educazione alla cittadinanza democratica.
Ai fini delle nostre riflessioni ci siamo interessati di progetti, sevizi
permanenti e iniziative rivolti alla fascia d’età che va dagli 11 ai 20/22 anni
ossia quegli anni in cui si giocano molte delle sfide che portano i giovani
ad accedere al mondo degli adulti in maniera “piena e autentica” o meno.
Dall’analisi dei dati, emergono osservazioni su come gli enti locali
possano educare alla cittadinanza in rete con altre istituzioni (la scuola, le
associazioni), promuovendo servizi e progetti che diano ad adolescenti e
giovani la possibilità di mettersi all’opera, di avere un ruolo attivo,
realizzare qualche cosa ed esserne responsabili (e nel frattempo
apprendere come funziona e che cos’è il governo di una città, di un
territorio), intrecciare relazioni, lavorare in gruppo, in una cornice che va
al di là delle politiche giovanili e che propone politiche integrate.
In questo contesto il ruolo degli adulti (genitori, insegnanti, educatori,
politici) è centrale: è dunque essenziale che le famiglie, il mondo della
scuola, gli attivisti dei partiti politici, le istituzioni e il mondo
dell’informazione attraverso l’agire quotidiano, dimostrino ad adolescenti
e giovani coerenza tra azioni e idee dimostrando fiducia nelle istituzioni,
tenendo comportamenti coerenti e autorevoli improntati sul rispetto
assoluto della legalità, per esempio. Per questo, la prima fase di
approfondimento qualitativo delle indagini è avvenuta tramite interviste in
profondità a decisori politici e amministratori tecnici.
Il primo capitolo affronta il tema della crisi della democrazia ossia il
fatto che le democrazie odierne stiano vivendo una fase di dibattito
interno e di riflessione verso una prospettiva di cambiamento necessaria.
Il tema dell’inserimento dei diritti umani nel panorama del dibattito
sulle società democratiche e sulla cittadinanza si intreccia con i temi della
globalizzazione, della crisi dei partiti politici (fenomeno molto accentuato
in Italia). In questa situazione di smarrimento e di incertezza,
un’operazione politica e culturale che metta al primo posto l’educazione e
i diritti umani potrebbe essere l’ancora di salvezza da gettare in un oceano
di incoerenza e di speranze perdute.
E’ necessario riformare il sistema formativo italiano investendo risorse
sull’educazione alla cittadinanza in particolare per adolescenti e giovani ma
anche per coloro che lavorano con e per i giovani: insegnanti, educatori,
amministratori.
La scolarizzazione, la formazione per tutto l’arco della vita sono alcuni
dei criteri su cui oggi nuovi approcci misurano il benessere dei Paesi e
sono diritti inalienabili sanciti, per bambini e ragazzi dalla Convenzione
internazionale sui diritti dell’infanzia.13 La pedagogia e la politica devono
avere in questo momento storico un ruolo di primo piano; gli obiettivi a
cui dovrebbero tendere sono la diffusione di una cultura dei diritti, una
cultura del rispetto dell’infanzia e di attenzione prioritaria ai temi
del’educazione alla cittadinanza. “Rimuovere gli ostacoli sociali ed
economici”14 a che questi diritti vengano rispettati è compito dello Stato e
anche degli enti locali.
Il secondo capitolo descrive la condizione dei giovani nel mondo e in
Italia in rapporto ai diritti di partecipazione.
Il contesto mondiale che la Banca Mondiale (organismo dell’Onu)15
dipinge è potenzialmente positivo: “il numero di giovani tra i 12 e i 24
anni è intorno a 1, 3 miliardi ossia il livello più elevato della storia; questo
gruppo è in migliore salute e meglio istruito di sempre. I Paesi ricchi come
quelli poveri devono approfittare di questa opportunità prima che
l’invecchiamento della società metta fine a questo periodo potenzialmente
assai fruttuoso per il mondo intero.
In Italia invece “Viene dipinto un quadro deprimente in cui “gli adulti
mandano segnali incerti, ambigui, contraddittori. Se si può dunque
imputare qualcosa alle generazioni dei giovani oggi è di essere, per certi
versi, troppo simili ai loro padri e alle loro madri”16
Nel capitolo vengono mostrati e commentati i dati emersi da rapporti
e ricerche di organizzazioni internazionali che dimostrano come anche dal
livello di istruzione, di accesso alla cultura, ma in particolare dal livello di
partecipazione attiva alla vita civica dei giovani, dipenda il futuro del globo
intero e dunque anche del nostro Paese .
Viene inoltre descritto l’evolversi delle politiche giovanili in Italia
anche in rapporto al mutare del significato del concetto controverso di
“partecipazione”: il termine è presente in numerose carte e documenti
internazionali nonché utilizzato nei programmi politici delle
amministrazioni comunali ma sviscerarne il significato e collocarlo al di
fuori dei luoghi comuni e dell’utilizzo demagogico obbliga ad un’analisi
approfondita e multidimensionale della sua traduzione in azioni.
Gli enti locali continuano ad essere l’oggetto principale del nostro
interesse. Per questo vengono riportati i risultati di un’indagine nazionale
sui servizi pubblici per adolescenti che sono utili per contestualizzare le
indagini regionali svolte dalla scrivente.
Nel terzo capitolo si esamina l’ “educazione alla cittadinanza” a
partire dalla definizione del Consiglio d’Europa (EDC) cercando di
fornire un quadro accurato sui contenuti che le pertengono ma
soprattutto sulle metodologie da intraprendere per mettere autenticamente
in pratica l’EDC. La partecipazione di adolescenti e giovani risulta essere
un elemento fondamentale per promuovere e realizzare l’educazione alla
cittadinanza in contesti formali, non formali e informali.
Il quarto capitolo riporta alcune riflessioni sulla ricerca pedagogica in
Italia e nel panorama internazionale e pone le basi ontologiche ed
epistemologiche della ricerca svolta dalla scrivente.
Nel quinto capitolo vengono descritte dettagliatamente le due
indagini svolte dalla scrivente per raccogliere dati e materiali di
documentazione sui progetti di promozione della partecipazione dei
giovani promossi dagli Enti locali emiliano-romagnoli ai fini
dell’educazione alla cittadinanza.
“Enti locali, giovani e politica” indagine sui progetti di promozione
della partecipazione sociale e politica che coinvolgono ragazzi tra i 15 e i
20 anni. E “Nuovi cittadini di pace”, un’indagine sui Consigli dei ragazzi
nella Provincia di Bologna.
Nel sesto capitolo la scrivente formula alcune conclusioni e proposte
operative concentrando la propria attenzione in particolare sulle questione
della formazione di educatori e facilitatori che operano in contesti di
educazione non formale interistituzionale, sulla necessità di una ampia
diffusione di una cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel
mondo della politica e della scuola e su un utilizzo del dialogo autentico
(in quanto principio democratico) per far sì che adolescenti, giovani e
adulti possano collaborare e contribuire insieme alla formulazione di
politiche e alla realizzazione di progetti comuni.
Ci sembra infine che si debba riconoscere che è tempo di puntare con
tutte le forze e in tutti i setting educativi disponibili su un impegno
formativo in cui la dimensione politica non solo sia chiaramente e
consapevolmente presente, ma sia considerata una delle sue caratteristiche
principali. Il nostro tempo lo richiede con urgenza: l’alternativa rischia di
essere la disfatta dell’intera umanità e dunque l’impossibilità per l’uomo di
realizzarsi nel suo più elevato significato e nel suo autentico valore. I
giovani sempre più lo chiedono anche se non sempre utilizzano linguaggi
decifrabili dagli adulti.
Abstract
La tesi è il frutto di un lavoro di ricerca sul rapporto tra educazione e
politica sviluppato considerando letteratura, studi e ricerche in ambito
pedagogico, sociologico e delle scienze politiche.
I nuclei tematici oggetto delle letture preliminari e degli
approfondimenti successivi che sono diventati il corpo della tesi sono i
seguenti:
• la crisi del ruolo dei partiti politici in Italia e in Europa:
diminuiscono gli iscritti e la capacità di dare corpo a proposte
politiche credibili che provengano dalla “base”dei partiti;
• la crisi del sistema formativo1 in Italia e il fatto che l’educazione alla
cittadinanza sia poco promossa e praticata nelle scuole e nelle
istituzioni;
• la diffusa mancanza di fiducia degli adolescenti e dei giovani nei
confronti delle istituzioni (scuola inclusa) e della politica in molti
Paesi del mondo2; i giovani sono in linea con il mondo adulto nel
dimostrare i sintomi di “apatia politica” che si manifesta anche
come avversione verso la politica;
• il fatto che le teorie e gli studi sulla democrazia non siano stati in
grado di prevenire la sistematica esclusione di larghi segmenti di
cittadinanza dalle dinamiche decisionali dimostrando che la
democrazia formale sia drasticamente differente da quella
sostanziale. Una categoria tra le più escluse dalle decisioni è quella
dei minori in età.
Queste tematiche, se poste in relazione, ci inducono a riflettere sullo
stato della democrazia e ci invitano a cercare nuovi orizzonti in cui
inserire riflessioni sulla cittadinanza partendo dall’interesse centrale delle
scienze pedagogiche: il ruolo dell’educazione.
Essenziale è il tema dei diritti umani: per cominciare, rileviamo che
sebbene la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia sia stata approvata
da quasi vent’anni (nel 1989) e malgrado numerose istituzioni nazionali e
internazionali (Onu, Consiglio d’Europa, Banca Mondiale, Unesco)
continuino ad impegnarsi nella promozione dei diritti sanciti e ratificati
con leggi da quasi tutti i Paesi del mondo, questi diritti sono spesso
trascurati: in particolare i diritti di bambini, adolescenti e giovani fino a 18
anni ad essere ascoltati, ad esprimersi liberamente, a ricevere informazioni
adeguate nonché il diritto ad associarsi. L’effetto di tale trascuratezza,
ossia la scarsa partecipazione di adolescenti e giovani alla vita sociale e
politica in ogni parte del mondo (Italia inclusa) è un problema su cui
cercheremo di riflettere e trovare soluzioni.
Dalle più recenti ricerche svolte sul rapporto tra giovani e politica3,
risulta che sono in particolare i giovani tra i quindici e i diciassette anni a
provare “disgusto” per la politica e a non avere alcune fiducia né nei
confronti dei politici, né delle istituzioni. Il disgusto è strettamente legato
alla sfiducia, alla delusione , alla disillusione che oltretutto porta al rifiuto
per la politica e quindi anche a non informarsi volutamente, a tenere ciò
che riguarda la politica lontano dalla propria sfera personale.
In Italia, ciò non è una novità. Né i governi che si sono succeduti dagli
anni dell’Unità ad oggi, né le teorie democratiche italiane e internazionali
sono riusciti a cambiare l’approccio degli italiani alla politica: “fissità della
cultura politica, indolenza di fronte alla mancanza di cultura della legalità,
livelli bassi di informazione, di competenza, di fiducia nella democrazia”4.
Tra i numerosi fattori presi in analisi nelle ricerche internazionali (cfr. Cap.
I par.65) ve ne sono due che si è scoperto influenzano notevolmente la
partecipazione politica della popolazione e che vedono l’Italia distante
dalle altre democrazie europee: 1) la vicinanza alla religione istituzionale ,
2) i caratteri della morale6.
Religione istituzionale
Non c’è studio o ricerca che non documenti la progressiva
secolarizzazione degli stati. Eppure, dividendo la popolazione dei Paesi in:
1) non credenti, 2) credenti non praticanti e 3) credenti praticanti, fatto
salvo per la Francia, si assiste ad una crescita dei “credenti non praticanti”
in Europa e dei “credenti praticanti” in particolare in Italia (risultavano da
un’indagine del 2005, il 42% della popolazione italiana). La spiegazione di
questa “controtendenza” dell’Italia, spiega la Sciolla, “potrebbe essere il
crescente ruolo pubblico assunto dalla Chiesa italiana e della sua sempre
più pervasiva presenza su temi di interesse pubblico o direttamente
politico (dalla fecondazione assistita alle unioni tra omosessuali) oltreché
alla sua visibilità mediatica che, insieme al generale e diffuso
disorientamento, potrebbe aver esercitato un autorevole richiamo”.
Pluralismo morale
Frutto innanzitutto del processo di individualizzazione che erode le
forme assolute di autorità e le strutture gerarchiche e dell’affermarsi dei
diritti umani con l’ampliamento degli spazi di libertà di coscienza dei
singoli.
Una conferma sul piano empirico di questo quadro è data dal
monitoraggio di due configurazioni valoriali che più hanno a che vedere
con la partecipazione politica:
1) Grado di civismo (in inglese civicness) che raggruppa giudizi sui
comportamenti lesivi dell’interesse pubblico (non pagare le tasse,
anteporre il proprio interesse e vantaggio personale all’interesse
pubblico).
2) Libertarismo morale o cultura dei diritti ovvero difesa dei diritti della
persona e della sua liberà di scelta (riguarda la sessualità, il corpo e in
generale la possibilità di disporre di sé)
In Italia, il civismo ha subito negli anni novanta un drastico calo e non
è più tornato ai livelli precedenti. Il libertarismo è invece aumentato in
tutti i Paesi ma Italia e Stati Uniti hanno tutt’ora un livello basso rispetto
agli altri Stati. I più libertari sono gli strati giovani ed istruiti della
popolazione.
Queste caratteristiche degli italiani sono riconducibili alla storia del
nostro Paese, alla sua identità fragile, mai compatta ed unitaria. Non è
possibile tralasciare l’influenza che la Chiesa ha sempre avuto nelle scelte
politiche e culturali del nostro Paese. Limitando il campo al secolo scorso,
dobbiamo considerare che la Chiesa cattolica ha avuto continuativamente
un ruolo di forte ingerenza nei confronti delle scelte dei governi (scelte
che, come vedremo nel Cap. I, par.2 hanno influenzato le scelte sulla
scuola e sull’educazione) che si sono succeduti dal 1948 ad oggi7. Ciò ha
influito nei costumi della nostra società caratterizzandoci come Stato sui
generis nel panorama europeo
Inoltre possiamo definire l’Italia uno "Stato nazionale ed unitario" ma
la sua identità resta plurinazionale: vi sono nazionalità, trasformate in
minoranze, comprese e compresse nel suo territorio; lo Stato affermò la
sua unità con le armi dell'esercito piemontese e questa unità è ancora da
conquistare pienamente. Lo stesso Salvemini fu tra quanti invocarono un
garante per le minoranze constatando che di fronte a leggi applicate da
maggioranze senza controllo superiore, le minoranze non hanno
sicurezza.
Riteniamo queste riflessioni sull’identità dello Stato Italiano doverose
per dare a questa ricerca sulla promozione della partecipazione politica di
adolescenti e giovani, sull’educazione alla cittadinanza e sul ruolo degli
enti locali una opportuna cornice culturale e di contesto.
Educazione alla cittadinanza
In questo scritto “consideriamo che lo stimolo al cambiamento e al
controllo di ciò che succede nelle sfere della politica, la difesa stessa della
democrazia, è più facile che avvenga se i membri di una comunità,
singolarmente o associandosi, si tengono bene informati, possiedono
capacità riflessive e argomentative, sono dunque adeguatamente
competenti e in grado di formarsi un’opinione autonoma e di esprimerla
pubblicamente. In questo senso potremmo dire che proprio l’educazione
alla democrazia, di chi nella democrazia vive, godendone i vantaggi, è stata
rappresentata da Montiesquieu e da J.S Mill come uno dei caratteri basilari
della democrazia stessa e la sua assenza come uno dei peggiori rischi in cui
si può incorrere”8
L’educazione alla cittadinanza - considerata come cornice di un ampio
spettro di competenze, complessivamente legate alla partecipazione e
pienamente consapevole alla vita politica e sociale - e in particolare la
formazione alla cittadinanza attiva sono da tempo riconosciute come
elementi indispensabili per il miglioramento delle condizioni di benessere
dei singoli e delle società e sono elementi imprescindibili per costituire un
credibile patto sociale democratico.
Ma che tipo di sistema formativo meglio si adatta ad un Paese dove -
decennio dopo decennio - i decisori politici (la classe politica) sembrano
progressivamente allontanarsi dalla vita dei cittadini e non propongono
un’idea credibile di stato, un progetto lungimirante per l’Italia, dove la
politica viene vissuta come distante dalla vita quotidiana e dove sfiducia e
disgusto per la politica sono sentimenti provati in particolare da
adolescenti e giovani? Dove la religione e il mercato hanno un potere
concorrente a quello dei principi democratici ?
La pedagogia può in questo momento storico ricoprire un ruolo di
grande importanza. Ma non è possibile formulare risposte e proposte
educative prendendo in analisi una sola istituzione nel suo rapporto con
adolescenti e giovani. Famiglia, scuola, enti locali, terzo settore, devono
essere prese in considerazione nella loro interdipendenza.
Certo, rispetto all’educazione alla cittadinanza, la scuola ha avuto,
almeno sulla carta, un ruolo preminente avendo da sempre l’obiettivo di
formare “l’uomo e il cittadino” e prevedendo l’insegnamento
dell’educazione civica.
Ma oggi, demandare il ruolo della “formazione del cittadino”
unicamente alla scuola, non è una scelta saggia. La comunità, il territorio e
quindi le istituzioni devono avere un ruolo forte e collaborare con la
scuola. Educazione formale, non formale e informale devono
compenetrarsi.
Gli studi e le riflessioni della scrivente hanno portato all’
individuazione degli enti locali come potenziali luoghi privilegiati della
formazione politica dei giovani e dell’educazione alla cittadinanza.
Gli enti locali
I Comuni, essendo le Istituzioni più vicine ai cittadini, possono essere
il primo luogo dove praticare cittadinanza attiva traducendo in pratiche
anche le politiche elaborate a livello regionale e nazionale. Sostiene la
Carta riveduta della partecipazione dei giovani9 “La partecipazione attiva dei
giovani alle decisioni e alle attività a livello locale e regionale è essenziale
se si vogliono costruire società più democratiche, solidali e prospere.
Partecipare alla vita politica di una comunità, qualunque essa sia, non
implica però unicamente il fatto di votare e presentarsi alle elezioni, per
quanto importanti siano tali elementi. Partecipare ed essere un cittadino
attivo vuol dire avere i diritti, gli strumenti intellettuali e materiali, il luogo,
la possibilità, e, se del caso, il necessario sostegno per intervenire nelle
decisioni, influenzarle ed impegnarsi in attività e iniziative che possano
determinare la costruzione di una società migliore”.
In Italia, il ruolo degli enti locali è stato per lo più dominante nella
definizione delle politiche sociali, sanitarie ed educative ma è divenuto
centrale soprattutto in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione
italiana operata nel 2001. Sono gli enti locali – le Regioni in primis – ad
avere la funzione istituzionale di legiferare rispetto ai temi inerenti il
sociale.
Le proposte e le azioni di Province e Comuni dovrebbero ispirarsi al
“principio di sussidiarietà” espresso nell’art. 118 della Costituzione: «Stato,
Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di
interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà»10 e nei Trattati
dell’Unione Europea. Il Trattato istitutivo della Comunità europea
accoglie il principio nell’art.5 “La Comunità agisce nei limiti delle
competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati
dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva
competenza la Comunità interviene, secondo il principio della
sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione
prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri
e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in
questione, essere realizzati meglio a livello comunitario (…)”.
Il principio di sussidiarietà può dunque essere recepito anche
prevedendo, promuovendo e accogliendo la partecipazione dei cittadini
alla vita della città in molteplici forme. Conseguentemente, facilitare
l’avvicinamento degli adolescenti e dei giovani (in quanto cittadini) alla
vita collettiva, al bene pubblico, alla politica considerandoli una risorsa e
mettendoli nelle condizioni di essere socialmente e politicamente attivi
rientra nelle possibili applicazioni del principio di sussidiarietà.
L’oggetto della ricerca
La ricerca condotta dalla scrivente prende le mosse dal paradigma
ecologico e si ispira allo stile fenomenologico prendendo in analisi un
contesto determinato da numerosi soggetti tra loro interrelati.
La domanda di ricerca: “gli enti locali possono promuovere di progetti
e interventi di educazione alla cittadinanza di cui adolescenti e giovani
siano protagonisti? Se si, in che modo?”. Gli studi preliminari alla ricerca
hanno mostrato uno scenario complesso che non era mai stato preso in
analisi da chi si occupa di educazione.
E’ stato dunque necessario comprendere:
1) Il ruolo e le funzioni degli enti locali rispetto alle politiche
educative e di welfare in generale in Italia
2) La condizione di adolescenti e giovani in Italia e nel mondo
3) Che cos’è l’educazione alla cittadinanza
4) Che cosa si può intendere per partecipazione giovanile
Per questo il lavoro di ricerca empirica svolto dalla scrivente è basato
sulla realizzazione di due indagini esplorative (“Enti locali, giovani e
politica (2005/2006)11 e “Nuovi cittadini di pace” (2006/2007)12) tramite
le quali è stato possibile esaminare progetti e servizi di promozione della
partecipazione degli adolescenti e dei giovani alla vita dei Comuni di
quattro regioni italiane e in particolare della Regione Emilia-Romagna.
L’oggetto dell’interesse delle due indagini è (attraverso l’analisi di
progetti e servizi e di testimonianze di amministratori, tecnici e politici)
esplorare le modalità con cui gli enti locali (i Comuni in particolare)
esplicano la loro funzione formativa rivolta ad adolescenti e giovani in
relazione all’educazione alla cittadinanza democratica.
Ai fini delle nostre riflessioni ci siamo interessati di progetti, sevizi
permanenti e iniziative rivolti alla fascia d’età che va dagli 11 ai 20/22 anni
ossia quegli anni in cui si giocano molte delle sfide che portano i giovani
ad accedere al mondo degli adulti in maniera “piena e autentica” o meno.
Dall’analisi dei dati, emergono osservazioni su come gli enti locali
possano educare alla cittadinanza in rete con altre istituzioni (la scuola, le
associazioni), promuovendo servizi e progetti che diano ad adolescenti e
giovani la possibilità di mettersi all’opera, di avere un ruolo attivo,
realizzare qualche cosa ed esserne responsabili (e nel frattempo
apprendere come funziona e che cos’è il governo di una città, di un
territorio), intrecciare relazioni, lavorare in gruppo, in una cornice che va
al di là delle politiche giovanili e che propone politiche integrate.
In questo contesto il ruolo degli adulti (genitori, insegnanti, educatori,
politici) è centrale: è dunque essenziale che le famiglie, il mondo della
scuola, gli attivisti dei partiti politici, le istituzioni e il mondo
dell’informazione attraverso l’agire quotidiano, dimostrino ad adolescenti
e giovani coerenza tra azioni e idee dimostrando fiducia nelle istituzioni,
tenendo comportamenti coerenti e autorevoli improntati sul rispetto
assoluto della legalità, per esempio. Per questo, la prima fase di
approfondimento qualitativo delle indagini è avvenuta tramite interviste in
profondità a decisori politici e amministratori tecnici.
Il primo capitolo affronta il tema della crisi della democrazia ossia il
fatto che le democrazie odierne stiano vivendo una fase di dibattito
interno e di riflessione verso una prospettiva di cambiamento necessaria.
Il tema dell’inserimento dei diritti umani nel panorama del dibattito
sulle società democratiche e sulla cittadinanza si intreccia con i temi della
globalizzazione, della crisi dei partiti politici (fenomeno molto accentuato
in Italia). In questa situazione di smarrimento e di incertezza,
un’operazione politica e culturale che metta al primo posto l’educazione e
i diritti umani potrebbe essere l’ancora di salvezza da gettare in un oceano
di incoerenza e di speranze perdute.
E’ necessario riformare il sistema formativo italiano investendo risorse
sull’educazione alla cittadinanza in particolare per adolescenti e giovani ma
anche per coloro che lavorano con e per i giovani: insegnanti, educatori,
amministratori.
La scolarizzazione, la formazione per tutto l’arco della vita sono alcuni
dei criteri su cui oggi nuovi approcci misurano il benessere dei Paesi e
sono diritti inalienabili sanciti, per bambini e ragazzi dalla Convenzione
internazionale sui diritti dell’infanzia.13 La pedagogia e la politica devono
avere in questo momento storico un ruolo di primo piano; gli obiettivi a
cui dovrebbero tendere sono la diffusione di una cultura dei diritti, una
cultura del rispetto dell’infanzia e di attenzione prioritaria ai temi
del’educazione alla cittadinanza. “Rimuovere gli ostacoli sociali ed
economici”14 a che questi diritti vengano rispettati è compito dello Stato e
anche degli enti locali.
Il secondo capitolo descrive la condizione dei giovani nel mondo e in
Italia in rapporto ai diritti di partecipazione.
Il contesto mondiale che la Banca Mondiale (organismo dell’Onu)15
dipinge è potenzialmente positivo: “il numero di giovani tra i 12 e i 24
anni è intorno a 1, 3 miliardi ossia il livello più elevato della storia; questo
gruppo è in migliore salute e meglio istruito di sempre. I Paesi ricchi come
quelli poveri devono approfittare di questa opportunità prima che
l’invecchiamento della società metta fine a questo periodo potenzialmente
assai fruttuoso per il mondo intero.
In Italia invece “Viene dipinto un quadro deprimente in cui “gli adulti
mandano segnali incerti, ambigui, contraddittori. Se si può dunque
imputare qualcosa alle generazioni dei giovani oggi è di essere, per certi
versi, troppo simili ai loro padri e alle loro madri”16
Nel capitolo vengono mostrati e commentati i dati emersi da rapporti
e ricerche di organizzazioni internazionali che dimostrano come anche dal
livello di istruzione, di accesso alla cultura, ma in particolare dal livello di
partecipazione attiva alla vita civica dei giovani, dipenda il futuro del globo
intero e dunque anche del nostro Paese .
Viene inoltre descritto l’evolversi delle politiche giovanili in Italia
anche in rapporto al mutare del significato del concetto controverso di
“partecipazione”: il termine è presente in numerose carte e documenti
internazionali nonché utilizzato nei programmi politici delle
amministrazioni comunali ma sviscerarne il significato e collocarlo al di
fuori dei luoghi comuni e dell’utilizzo demagogico obbliga ad un’analisi
approfondita e multidimensionale della sua traduzione in azioni.
Gli enti locali continuano ad essere l’oggetto principale del nostro
interesse. Per questo vengono riportati i risultati di un’indagine nazionale
sui servizi pubblici per adolescenti che sono utili per contestualizzare le
indagini regionali svolte dalla scrivente.
Nel terzo capitolo si esamina l’ “educazione alla cittadinanza” a
partire dalla definizione del Consiglio d’Europa (EDC) cercando di
fornire un quadro accurato sui contenuti che le pertengono ma
soprattutto sulle metodologie da intraprendere per mettere autenticamente
in pratica l’EDC. La partecipazione di adolescenti e giovani risulta essere
un elemento fondamentale per promuovere e realizzare l’educazione alla
cittadinanza in contesti formali, non formali e informali.
Il quarto capitolo riporta alcune riflessioni sulla ricerca pedagogica in
Italia e nel panorama internazionale e pone le basi ontologiche ed
epistemologiche della ricerca svolta dalla scrivente.
Nel quinto capitolo vengono descritte dettagliatamente le due
indagini svolte dalla scrivente per raccogliere dati e materiali di
documentazione sui progetti di promozione della partecipazione dei
giovani promossi dagli Enti locali emiliano-romagnoli ai fini
dell’educazione alla cittadinanza.
“Enti locali, giovani e politica” indagine sui progetti di promozione
della partecipazione sociale e politica che coinvolgono ragazzi tra i 15 e i
20 anni. E “Nuovi cittadini di pace”, un’indagine sui Consigli dei ragazzi
nella Provincia di Bologna.
Nel sesto capitolo la scrivente formula alcune conclusioni e proposte
operative concentrando la propria attenzione in particolare sulle questione
della formazione di educatori e facilitatori che operano in contesti di
educazione non formale interistituzionale, sulla necessità di una ampia
diffusione di una cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel
mondo della politica e della scuola e su un utilizzo del dialogo autentico
(in quanto principio democratico) per far sì che adolescenti, giovani e
adulti possano collaborare e contribuire insieme alla formulazione di
politiche e alla realizzazione di progetti comuni.
Ci sembra infine che si debba riconoscere che è tempo di puntare con
tutte le forze e in tutti i setting educativi disponibili su un impegno
formativo in cui la dimensione politica non solo sia chiaramente e
consapevolmente presente, ma sia considerata una delle sue caratteristiche
principali. Il nostro tempo lo richiede con urgenza: l’alternativa rischia di
essere la disfatta dell’intera umanità e dunque l’impossibilità per l’uomo di
realizzarsi nel suo più elevato significato e nel suo autentico valore. I
giovani sempre più lo chiedono anche se non sempre utilizzano linguaggi
decifrabili dagli adulti.
Tipologia del documento
Tesi di dottorato
Autore
Baldoni, Anna
Supervisore
Co-supervisore
Dottorato di ricerca
Ciclo
19
Coordinatore
Settore disciplinare
Settore concorsuale
Parole chiave
educazione alla cittadinanza partecipazione politica diritti dell'infanzia
URN:NBN
Data di discussione
21 Aprile 2008
URI
Altri metadati
Tipologia del documento
Tesi di dottorato
Autore
Baldoni, Anna
Supervisore
Co-supervisore
Dottorato di ricerca
Ciclo
19
Coordinatore
Settore disciplinare
Settore concorsuale
Parole chiave
educazione alla cittadinanza partecipazione politica diritti dell'infanzia
URN:NBN
Data di discussione
21 Aprile 2008
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