Gobbato, Carlo Antonio
(2008)
La salute come promessa. Ingegneria genetica e biotecnologie fra biopolitica, diritto e criminalità, [Dissertation thesis], Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
Dottorato di ricerca in
Criminologia, 20 Ciclo. DOI 10.6092/unibo/amsdottorato/728.
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Abstract
La tesi di dottorato di Carlo Antonio Gobbato prende in considerazione e sviluppa, secondo una
prospettiva rigorosamente sociologica, i temi e i problemi che discendono dai progressi delle
bioscienze e delle biotecnologie con particolare riferimento alla programmazione degli esseri
umani con precise caratteristiche. Muovendo dalla riflessione di Jurgen Habermas sui caratteri
della genetica liberale, sono stati, innanzi tutto, ripresi alcuni temi fondamentali della storia del
pensiero politico e giuridico sviluppatisi in età moderna, considerando con particolare
attenzione la ricostruzione epistemologica operata da Michel Foucault in merito alla nozione di
biopolitica, ovvero sia al modo con cui si è cercato, a partire dal XVIII secolo, di razionalizzare
i problemi posti dalla pratica governamentale nei confronti delle persone (pratiche concernenti
la salute, il controllo sociale, l’igiene, la mortalità, le razze, ecc.).
La biopolitica è una categoria gnoseologica di spiegazione dell’idea di sviluppo presente
nell’età moderna, dove sono iscritti vari saperi e pratiche governamentali, risultando così un
concetto storicamente determinato da costruzioni produttive e tecnologiche che consentono,
oppure obbligano, la vita ad entrare nella storia. D’altra parte, la biopolitica non produce
letteralmente la vita, ma interviene direttamente sulla vita consentendone le condizioni di
mantenimento e sviluppo. Se la biopolitica ha determinato l’instaurazione del dominio della
specie umana sulla materia inerte, la rivoluzione scientifica in atto, anche in ragione
dell’intensità con cui procede lo sviluppo delle bioscienze e delle biotecnologie, sta
determinando l’affermazione del dominio sulla materia vivente
Il progressivo affrancamento delle bioscienze e delle biotecnologie dal sistema sociale e dal
sotto sistema sanitario sta comportando un’intensa proliferazione legislativa e normativa di cui
la bioetica è parte, assieme alla costituzione ed allo sviluppo di un polo di apparati
tendenzialmente autonomo, anche in ragione delle grandi quantità di trasferimenti finanziari,
pubblici e privati, specificatamente dedicati e del nuovo mercato dei brevetti sulla vita.
Sono evidenti le preoccupazioni degli organismi internazionali e nazionali, ai loro massimi
livelli, per un fenomeno emergente, reso possibile dai rapidi progressi delle bioscienze, che
consente la messa a disposizione sul mercato globale di “prodotti” ricavati dal corpo umano
impossibili da reperire se tali progressi non si fossero verificati. Si tratta di situazioni che
formano una realtà giuridica, sociale e mercantile che sempre più le bioscienze contribuiscono,
con i loro successi, a rappresentare e costruire, anche se una parte fondamentale
nell’edificazione, cognitiva ed emozionale, di tali situazioni, che interagiscono direttamente con
l’immaginario soggettivo e sociale, è costituita dal sistema dell’informazione, specializzata e
non, che sta con intensità crescente offrendo notizie e riproduzioni, vere o verosimili,
scientificamente fondate oppure solo al momento ipotizzate, ma poste e dibattute, che stanno
oggettivamente alimentando nuove attese individuali e sociali in grado di generare propensioni
e comportamenti verso “oggetti di consumo” non conosciuti solo fino a pochi anni fa.
Propensioni e comportamenti che possono assumere, in ragione della velocità con cui si
succedono le scoperte delle bioscienze e la frequenza con cui sono immessi nel mercato i
prodotti biotecnologici (indipendentemente dalla loro vera o presunta efficacia), anche caratteri
di effervescenza anomica, fino alla consumazione di atti gravemente delittuosi di cui la stessa
cronaca e le inchieste giudiziarie che si stanno aprendo iniziano a dare conto.
La tesi considera criticamente la nuova realtà che emerge dai progressi delle bioscienze e, dopo
aver identificato nella semantica dell’immunità e nel dominio sul movimento del corpo gli
orientamenti concettuali che forniscono il significato essenziale alla biopolitica di Foucault,
cerca di definire secondo una prospettiva propriamente sociologica la linea di separazione fra le
pratiche immunitarie ed altre pratiche che non possono essere fatte rientrare nelle prime o,
anche, il limite del discorso di Foucault davanti alle questioni poste da Habermas ed inerenti la
programmazione genetica degli esseri viventi. Le pratiche genetiche, infatti, non sono
propriamente immunitarie e, anzi, la stessa logica discorsiva intorno al gene non ha carattere
immunitario, anche se può apportare benefici immunitari. La logica del gene modifica la forma
del corpo, è generativa e rigenerativa, può ammettere ed includere, ma anche negare, la
semantica biopolitica, i suoi oggetti e i suoi nessi. Gli oggetti della biopolitica sono ogni giorno
di più affiancati dagli oggetti di questa dimensione radicalmente originale, per significati e
significanti, dimensione che, con un neologismo, si può definire polisgenetica, ovvero sia una
pratica governamentale sui generis, con importanti riflessi sul piano socio – criminologico.
L’ultima parte della tesi riporta i risultati di recenti ricerche sociologiche sulla percezione
sociale dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie, nonché presenta i risultati
dell’elaborazione delle interviste effettuate per la tesi di ricerca.
Abstract
La tesi di dottorato di Carlo Antonio Gobbato prende in considerazione e sviluppa, secondo una
prospettiva rigorosamente sociologica, i temi e i problemi che discendono dai progressi delle
bioscienze e delle biotecnologie con particolare riferimento alla programmazione degli esseri
umani con precise caratteristiche. Muovendo dalla riflessione di Jurgen Habermas sui caratteri
della genetica liberale, sono stati, innanzi tutto, ripresi alcuni temi fondamentali della storia del
pensiero politico e giuridico sviluppatisi in età moderna, considerando con particolare
attenzione la ricostruzione epistemologica operata da Michel Foucault in merito alla nozione di
biopolitica, ovvero sia al modo con cui si è cercato, a partire dal XVIII secolo, di razionalizzare
i problemi posti dalla pratica governamentale nei confronti delle persone (pratiche concernenti
la salute, il controllo sociale, l’igiene, la mortalità, le razze, ecc.).
La biopolitica è una categoria gnoseologica di spiegazione dell’idea di sviluppo presente
nell’età moderna, dove sono iscritti vari saperi e pratiche governamentali, risultando così un
concetto storicamente determinato da costruzioni produttive e tecnologiche che consentono,
oppure obbligano, la vita ad entrare nella storia. D’altra parte, la biopolitica non produce
letteralmente la vita, ma interviene direttamente sulla vita consentendone le condizioni di
mantenimento e sviluppo. Se la biopolitica ha determinato l’instaurazione del dominio della
specie umana sulla materia inerte, la rivoluzione scientifica in atto, anche in ragione
dell’intensità con cui procede lo sviluppo delle bioscienze e delle biotecnologie, sta
determinando l’affermazione del dominio sulla materia vivente
Il progressivo affrancamento delle bioscienze e delle biotecnologie dal sistema sociale e dal
sotto sistema sanitario sta comportando un’intensa proliferazione legislativa e normativa di cui
la bioetica è parte, assieme alla costituzione ed allo sviluppo di un polo di apparati
tendenzialmente autonomo, anche in ragione delle grandi quantità di trasferimenti finanziari,
pubblici e privati, specificatamente dedicati e del nuovo mercato dei brevetti sulla vita.
Sono evidenti le preoccupazioni degli organismi internazionali e nazionali, ai loro massimi
livelli, per un fenomeno emergente, reso possibile dai rapidi progressi delle bioscienze, che
consente la messa a disposizione sul mercato globale di “prodotti” ricavati dal corpo umano
impossibili da reperire se tali progressi non si fossero verificati. Si tratta di situazioni che
formano una realtà giuridica, sociale e mercantile che sempre più le bioscienze contribuiscono,
con i loro successi, a rappresentare e costruire, anche se una parte fondamentale
nell’edificazione, cognitiva ed emozionale, di tali situazioni, che interagiscono direttamente con
l’immaginario soggettivo e sociale, è costituita dal sistema dell’informazione, specializzata e
non, che sta con intensità crescente offrendo notizie e riproduzioni, vere o verosimili,
scientificamente fondate oppure solo al momento ipotizzate, ma poste e dibattute, che stanno
oggettivamente alimentando nuove attese individuali e sociali in grado di generare propensioni
e comportamenti verso “oggetti di consumo” non conosciuti solo fino a pochi anni fa.
Propensioni e comportamenti che possono assumere, in ragione della velocità con cui si
succedono le scoperte delle bioscienze e la frequenza con cui sono immessi nel mercato i
prodotti biotecnologici (indipendentemente dalla loro vera o presunta efficacia), anche caratteri
di effervescenza anomica, fino alla consumazione di atti gravemente delittuosi di cui la stessa
cronaca e le inchieste giudiziarie che si stanno aprendo iniziano a dare conto.
La tesi considera criticamente la nuova realtà che emerge dai progressi delle bioscienze e, dopo
aver identificato nella semantica dell’immunità e nel dominio sul movimento del corpo gli
orientamenti concettuali che forniscono il significato essenziale alla biopolitica di Foucault,
cerca di definire secondo una prospettiva propriamente sociologica la linea di separazione fra le
pratiche immunitarie ed altre pratiche che non possono essere fatte rientrare nelle prime o,
anche, il limite del discorso di Foucault davanti alle questioni poste da Habermas ed inerenti la
programmazione genetica degli esseri viventi. Le pratiche genetiche, infatti, non sono
propriamente immunitarie e, anzi, la stessa logica discorsiva intorno al gene non ha carattere
immunitario, anche se può apportare benefici immunitari. La logica del gene modifica la forma
del corpo, è generativa e rigenerativa, può ammettere ed includere, ma anche negare, la
semantica biopolitica, i suoi oggetti e i suoi nessi. Gli oggetti della biopolitica sono ogni giorno
di più affiancati dagli oggetti di questa dimensione radicalmente originale, per significati e
significanti, dimensione che, con un neologismo, si può definire polisgenetica, ovvero sia una
pratica governamentale sui generis, con importanti riflessi sul piano socio – criminologico.
L’ultima parte della tesi riporta i risultati di recenti ricerche sociologiche sulla percezione
sociale dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie, nonché presenta i risultati
dell’elaborazione delle interviste effettuate per la tesi di ricerca.
Tipologia del documento
Tesi di dottorato
Autore
Gobbato, Carlo Antonio
Supervisore
Dottorato di ricerca
Ciclo
20
Coordinatore
Settore disciplinare
Settore concorsuale
Parole chiave
salute ingegneria genetica diritto criminalità
URN:NBN
DOI
10.6092/unibo/amsdottorato/728
Data di discussione
27 Giugno 2008
URI
Altri metadati
Tipologia del documento
Tesi di dottorato
Autore
Gobbato, Carlo Antonio
Supervisore
Dottorato di ricerca
Ciclo
20
Coordinatore
Settore disciplinare
Settore concorsuale
Parole chiave
salute ingegneria genetica diritto criminalità
URN:NBN
DOI
10.6092/unibo/amsdottorato/728
Data di discussione
27 Giugno 2008
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