Abis, Sonia
(2019)
Capace di intendere, incapace di volere. Omicidio senza causa e follia parziale (XVIII-XIX sec.), [Dissertation thesis], Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
Dottorato di ricerca in
Scienze giuridiche - phd in legal studies, 31 Ciclo. DOI 10.6092/unibo/amsdottorato/8994.
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Abstract
L’indagine trae il suo spunto contingente da una riflessione intorno ad alcuni fascicoli processuali, tra fine Settecento e primo Ottocento concernenti imputati di omicidio bestiale o senza causa. La questione dell’assenza di una causa nell’omicidio rientra a pieno titolo fra i problemi legati all’imputabilità, all’elemento soggettivo e al dolo. I giuristi di antico regime nell’indagare su tali problemi si imbatterono nella follia parziale. Essa era intesa come una follia circoscritta ad uno specifico ambito relazionale: il prototipo ne era la melancholia e il furor melancholicus.
L’idea-guida è quella di cogliere l’omicidio bestiale nel momento del suo ‘passaggio’ e della sua trasfigurazione – appunto fra ‘700 e ‘800 – sotto le lenti incrociate di giuristi e scienziati della psiche, nel contesto di una riscrittura del suo significato e, conseguentemente, della sua prevenzione e repressione. Nei primissimi scorci del XIX secolo, infatti, sulla scia delle teorizzazioni della psichiatria francese concernenti la follia parziale, l’omicidio senza causa trovò collocazione nella nuova categoria patologica della monomania omicida istintiva (mania parziale).
Altro essenziale filo conduttore dell’indagine concerne la sua ricaduta giuridica in termini di pena. Se nell’antico regime l’omicidio senza causa era considerato una forma di omicidio talmente grave da giustificare la pena capitale incrementata con supplizi, nell’avanzare dell’Ottocento giuristi e legislatori si dimostrarono incerti e divisi fra due soluzioni sanzionatorie antitetiche: 1. Considerare l’omicidio senza causa come il prodotto di una follia parziale che esclude l’imputabilità e che dunque comporta l’internamento curativo in un manicomio criminale; 2. Considerare l’omicidio senza causa come il prodotto di uno sfrenato desiderio di uccidere e quindi come indice di una tale pericolosità sociale che richiede un adeguato aggravamento punitivo rispetto all’omicidio comune.
Queste sono le principali ipotesi di lavoro che sono state approfondite e circostanziate nella tesi in oggetto.
Abstract
L’indagine trae il suo spunto contingente da una riflessione intorno ad alcuni fascicoli processuali, tra fine Settecento e primo Ottocento concernenti imputati di omicidio bestiale o senza causa. La questione dell’assenza di una causa nell’omicidio rientra a pieno titolo fra i problemi legati all’imputabilità, all’elemento soggettivo e al dolo. I giuristi di antico regime nell’indagare su tali problemi si imbatterono nella follia parziale. Essa era intesa come una follia circoscritta ad uno specifico ambito relazionale: il prototipo ne era la melancholia e il furor melancholicus.
L’idea-guida è quella di cogliere l’omicidio bestiale nel momento del suo ‘passaggio’ e della sua trasfigurazione – appunto fra ‘700 e ‘800 – sotto le lenti incrociate di giuristi e scienziati della psiche, nel contesto di una riscrittura del suo significato e, conseguentemente, della sua prevenzione e repressione. Nei primissimi scorci del XIX secolo, infatti, sulla scia delle teorizzazioni della psichiatria francese concernenti la follia parziale, l’omicidio senza causa trovò collocazione nella nuova categoria patologica della monomania omicida istintiva (mania parziale).
Altro essenziale filo conduttore dell’indagine concerne la sua ricaduta giuridica in termini di pena. Se nell’antico regime l’omicidio senza causa era considerato una forma di omicidio talmente grave da giustificare la pena capitale incrementata con supplizi, nell’avanzare dell’Ottocento giuristi e legislatori si dimostrarono incerti e divisi fra due soluzioni sanzionatorie antitetiche: 1. Considerare l’omicidio senza causa come il prodotto di una follia parziale che esclude l’imputabilità e che dunque comporta l’internamento curativo in un manicomio criminale; 2. Considerare l’omicidio senza causa come il prodotto di uno sfrenato desiderio di uccidere e quindi come indice di una tale pericolosità sociale che richiede un adeguato aggravamento punitivo rispetto all’omicidio comune.
Queste sono le principali ipotesi di lavoro che sono state approfondite e circostanziate nella tesi in oggetto.
Tipologia del documento
Tesi di dottorato
Autore
Abis, Sonia
Supervisore
Dottorato di ricerca
Ciclo
31
Coordinatore
Settore disciplinare
Settore concorsuale
Parole chiave
omicidio bestiale, omicidio senza causa, follia parziale, melancholia, furor melancholicus, monomania omicida istintiva
URN:NBN
DOI
10.6092/unibo/amsdottorato/8994
Data di discussione
12 Aprile 2019
URI
Altri metadati
Tipologia del documento
Tesi di dottorato
Autore
Abis, Sonia
Supervisore
Dottorato di ricerca
Ciclo
31
Coordinatore
Settore disciplinare
Settore concorsuale
Parole chiave
omicidio bestiale, omicidio senza causa, follia parziale, melancholia, furor melancholicus, monomania omicida istintiva
URN:NBN
DOI
10.6092/unibo/amsdottorato/8994
Data di discussione
12 Aprile 2019
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